Si potrebbe dire che nella solitudine l’Europa sta cercando la propria forza: il sorprendente (e forse non scontato) asse Trump-Putin obbliga Bruxelles ad attrezzare il Vecchio Continente per difendersi dai suoi nemici. Insomma, in quello che può definirsi, senza troppi giri di parole, un momento di crisi, per l’Europa torna di moda la lezione di Alcide De Gasperi del 1951, quando durante la Conferenza dei sei ministri degli Esteri che si tenne a Parigi di quell’anno, De Gasperi avvertì la nascente comunità europea che per “scoraggiare qualsiasi attacco dall’esterno in odio a questa formazione dell’Europa unita” era indispensabile pensare e mettere in pratica un meccanismo di difesa comune su scala europea. Indirettamente, sembra che Trump e Putin abbiano dato all’Europa l’impulso per seguire la lezione dello storico leader della Democrazia Cristiana.

Il Libro Bianco presentato questa settimana dalla Commissione Europea traccia gli sforzi da compiere, le lacune da colmare, dove reperire le risorse finanziare per la difesa comune. Gli Stati membri dell’Ue si stanno preparando ad aumentare la propria spesa militare attraverso varie fonti di finanziamento. Una delle soluzioni pensate è quella di finanziare il mercato militare europeo, riducendo sempre di più l’acquisto di forniture dagli USA. Si stima che gli europei ogni anno spendono più di 50 miliardi di euro per armamenti e attrezzature americane, specialmente per gli aerei da combattimento F-35. Un’altra idea invece che sta circolando prepotentemente a Bruxelles è quella di dirottare verso investimenti militari europei una parte del risparmio europeo presente negli Stati Uniti. Si parla di una cifra importante, più di 300 miliardi di euro investiti ogni anno in titoli americani. Pur non essendo presenti nel Libro Bianco, poiché la Commissione Europea riconosce gli Stati Uniti ancora un suo partner, tra i ventisette queste ipotesi stanno sempre più prendendo campo, un chiaro segnale di divergenza politica tra i Ventisette e Bruxelles.

Come sostenuto dal futuro cancelliere tedesco Friedrich Merz, gli ordini di equipaggiamento per il riarmo della Germania dovrebbero essere “assegnati, per quanto possibile, ai produttori europei”; sulla stessa veduta ha incalzato la Francia, con il ministro della difesa francese Sébastien Lecornu che si è espresso così: “la vendita di armi provenienti dalle industrie europee per gli eserciti europei è la grande battaglia per il 2025” . Tuttavia, la Commissione ha voluto chiarire l’irrealizzabilità di questa politica industriale: l’Europa è troppo esposta verso il mercato estero per le proprie forniture militari, per cui appare davvero impossibile, quantomeno in lassi di tempo brevi, attrezzare la propria base industriale militare, frammentata e di piccole dimensioni, e renderla capace di sopperire alle forniture dei mercati esteri. Insomma, la tensione tra la Commissione europea e gli Stati membri si è notevolmente alzata nell’ultima settimana; molto tesi sono i rapporti con la Francia, con Parigi che accusa la Commissione di non sostenere la strada per il riarmo europeo – Buy European – per paura delle reazioni degli USA.

Sono i primi piccoli passi per una nuova e grande Europa? È ancora presto per dirlo, ma questa svolta politica ha senza dubbio cominciato a prendere corpo dopo il vertice straordinario tenutosi a Bruxelles il 6 marzo dedicato alla difesa europea. In questa nuova Europa gli Stati membri sembrano voler trainare le direttive della Commissione Europea, ignorando le avvertenze e le restrizioni che pone, escludendo quei paesi non allineati al progetto europeo come l’Ungheria di Viktor Orban. I Ventisette hanno la straordinaria occasione di fare “l’Europa delle nazioni” (rimproveri che tanti, un po’ retoricamente, hanno rinfacciato lungo questi anni alle istituzioni europee di non essere) e di creare una politica totalmente indipendente e finalmente capace di difendersi dalle ingerenze esterne.

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